Escursione Grotta dello Stige - Verzino (KR) - 24-06-2018


La grotta non si racconta, la grotta si vive. Almeno una volta nella vita si può provare.
E’ un’esperienza  difficile da trasferire con le parole ma voglio provare ugualmente a raccontarvela.
Un gruppo di persone, alcuni miei colleghi insegnanti con figli adolescenti, qualche turista straniero, le guide speleologiche.
Dopo una lunga passeggiata, immersi in una natura selvaggia e incontaminata, ci siamo trovati di fronte la grotta.
Lasciati gli zaini all’ingresso, equipaggiati con tuta, caschi, scarponi e imbracatura siamo entrati.
Ci siamo lasciati la luce alle spalle, abbiamo superato un primo tratto di grotta immersi nell’acqua fino alla vita attraverso un passaggio stretto e basso tanto che il casco strisciava la roccia sulle nostre teste.
L’impatto è stato subito forte, tutto in una volta: il freddo dell’acqua, il buio, le pareti della cava.
Siamo entrati dentro, è iniziata la nostra avventura da speleologi per un giorno e subito, bagnati fino alla vita, ci siamo avviati, impazienti di vedere lo spettacolo del sottosuolo che pochi hanno avuto la possibilità di ammirare.
Eravamo un gruppo di persone che per la maggior parte si sono incontrate lì per la prima volta.
Abbiamo camminato avanzando nell’acqua ghiacciata, attraversato rivoli d’acqua e torrenti sotterranei dove l'acqua che scorre attraversa cunicoli ed anfratti formando vasche naturali dai colori stupendi.
Abbiamo camminato sfidando il buio e il silenzio, la paura, il disgusto e la nausea. Ci siamo arrampicati sulla roccia scivolosa con corde e imbracature, incoraggiandoci a vicenda.
La forza del gruppo è stata fondamentale per superare ogni tentennamento, ogni timore di procedere. Nella grotta c’erano ragni e insetti mai visti, eppure lì sotto eravamo noi gli estranei.
La nostra presenza ha turbato l’equilibrio naturale di questo ecosistema.
Ce ne siamo accorti ogni qual volta ci siamo trovati a schivare i numerosi pipistrelli che volavano sulle nostre teste spaventati dalle luci delle pile.
Abbiamo camminato per centinaia di metri nell’acqua e sulla roccia calpestando il guano che ricopre gran parte del percorso.
Dopo 600 metri percorsi in circa due ore ci siamo fermati in uno spiazzo dove c’era un crocevia di cunicoli, uno ci portava verso la colonia di pipistrelli e l’altro verso una strettoia con un passaggio ad immersione. Eravamo al capolinea, qui in tanti ci siamo fermati.
Gabriele e Andrea, i miei figli,  sono stati incredibilmente coraggiosi hanno mostrato un innato spirito d’avventura e sostegno reciproco.
Loro con le guide si sono spinti ancora più avanti per vedere piu da vicino le colonie di pipistrelli. Dopo il tentativo di seguirli io ho deciso di rinunciare.
Avevo già fatto tanto fino a lì.
“Le paure si vincono un po’ per volta”, mi ripetevo e così ho sperimentato l’attesa, e l’ansia di saperli lontano da me in una situazione così delicata.
Dopo qualche minuto li abbiamo visti ritornare, erano fieri di essere passati attraverso quegli anfratti pieni di pipistrelli che volavano schivando il viso dei pochi impavidi visitatori; fieri ed entusiasti per essersi spinti così avanti.
A quel punto le guide ci hanno chiesto di appoggiarci alle pareti in una sorta di cerchio e prima di riprendere la strada al contrario abbiamo spento tutte le pile. Qualche minuto di raccoglimento al buio totale, per provare un'emozione unica e irripetibile a 100 metri sotto il livello della terra.
Vedere il buio con gli occhi aperti e il silenzio rotto solo dal rumore dell’acqua che scorreva sotto i nostri piedi e dal suono pipistrelli in lontananza.
È stata emozionante, difficile descriverlo a parole.
Non pensavo potesse essere un'esperienza emotivamente così intensa e fisicamente tanto impegnativa. Ad un giorno di distanza il fisico risente la tensione, le mani bruciano a causa delle corde.
Non so se lo rifarei ancora però ringrazio il mio senso d’incoscienza che a volte mi fa fare cose che pensandoci un minuto in più non farei mai.
Dopo questa giornata così particolare mi lascio alle spalle più di tutto la paura, quella che a volte mi blocca di fronte a situazioni sconosciute. 
Invece porto con me la sana incoscienza, la voglia di scoperta, e più di tutto
il mio coraggio di aprire gli occhi nel buio più pesto e cercare la luce che è dentro ognuno di noi.
È la luce della speranza, della forza, della determinazione, è la positività nei confronti della vita che vive nel profondo di ognuno e che affiora con fatica, perché sopraffatta troppo spesso dalla stanchezza, dal rancore, dalla delusione.
Io ho cercato quella luce e l’ho trovata. L’ho afferrata e l’ho fissata, l’ho accolta e mi ha guidata.
Così siamo tornati indietro, uno dopo l’altro, percorrendo tutto in cammino al contrario. Con calma e con lentezza passo dopo passo la mia luce mi ha guidato fino all’uscita, fuori dal buio, fuori dalla paura dell’ignoto. È stato bello per tutto il gruppo ritornare al giorno dopo circa 5 ore passate nell’oscurità del sottosuolo.
Ci siamo liberati degli abiti bagnati, e distesi sull’erba abbiamo condiviso il nostro pranzo a sacco. Ci siamo scambiati pensieri ed emozioni in un'atmosfera di piacevole compagnia.
L’esperienza ci ha uniti come gruppo, regalandoci il ricordo di un giorno tra più avvincenti della nostra vita.





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