Miracolo o scienza non importa, vincono 'I Cinghialotti'!



I bambini tailandesi ci hanno dato una grande lezione di coraggio e di determinazione.
Una lezione di vita per la vita.
Sono sopravvissuti ad una situazione estremamente drammatica a cui più di un adulto non avrebbe potuto resistere.
Hanno imparato ad affrontare le loro paure con la forza del gruppo e uniti nel  gruppo si sono salvati.
Grazie alla meditazione, all’immaginazione, al sogno si sono staccati dal loro tragico presente e hanno pensato al futuro che li attendeva fuori da quell'incubo.
Si sono creduti dei supereroi e da quella che sembrava una tragedia annunciata ne sono usciti vincitori proprio come spesso accade nelle favole. Hanno vinto i bambini e la coesione di un gruppo coraggiosamente sostenuto dal loro allenatore che, da adulto incosciente e colpevole, è diventato l'eroe di tutti in questi interminabili giorni.
Credo che questa vicenda possa fare riflettere – anzi deve - il mondo intero rispetto alla delicata e sempre attuale questione dei diritti dei bambini.
Gli adulti hanno il dovere di proteggere i più piccoli con un impegno concreto; bisogna attivare percorsi legislativi che possano dare all’infanzia maggiori certezze sulla tutela e sulla sicurezza.
Coloro che guidano e accompagnano i giovani nelle attività educative, sportive, ludiche devono possedere competenze e conoscenze specifiche, in grado di tutelare la loro incolumità e prevenire circostanze pericolose per la loro salute.
Bisogna pretendere che allenatori, istruttori, educatori, insegnanti, tutte le figure professionali che operano con l’infanzia abbiamo una formazione adatta ad affrontare il loro lavoro con estrema competenza in tutte le sfere che riguardano la salvaguardia della salute dei minori. La pianificazione delle attività deve essere materia formativa per queste categorie.
A questo si aggiunge un'ulteriore personale riflessione: non sottovalutiamo che i bambini tailandesi sono vivi anche grazie anche alla loro cultura, alla spiritualità, alla loro modesta estrazione sociale.
Mi chiedo se fosse successo qui da noi, in Italia,o in Europa, quali strumenti avrebbero avuto i nostri figli per sopravvivere ad una condizione così estrema di paura e di disperazione?
Come si sarebbe gestito l’aspetto emotivo di uno evento così traumatico, considerando proprio le differenze culturali, sociali economiche dei nostri ragazzi?
Anche per questo motivo aggiungerei non si può dimenticare di questa vicenda.
Questa storia a lieto fine - che ha commosso tutti e ha unito il mondo itero  nella speranza e nella preghiera per la loro salvezza - deve insegnarci a ripensarci nel nostro ruolo di  genitori, di educatori di cittadini del mondo che stiamo costruendo per il futuro dei nostri figli.

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